“E’ difficile ascrivere quest’opera a un genere
letterario preciso, perché include le caratteristiche del diario, ma è anche un
saggio letterario e filosofico”, scrive Francesca Gori nella prefazione. Più
ancora, verrebbe da considerare queste Memorie alla stregua di uno studio di
psicologia clinica, focalizzato sulle patologie derivanti dal vivere in continua
lotta per la sopravvivenza.
L’assedio di Leningrado fu un fenomeno unico, nella
storia della Seconda guerra mondiale, non solo per il numero effettivo delle
vittime e per la spietata brutalità del nemico, ma anche per la gestione
disumana della catastrofe da parte della leadership sovietica. Solo
miracolosamente i leningradesi riuscirono a sopravvivere al terribile primo
inverno di guerra (1941/42); in seguito le cose migliorarono, ma non di molto. (...)
Lidija Ginzburg, la cui madre morì di stenti durante l’assedio,
prese molti appunti in quei 900 giorni, ma solo dopo la morte di Stalin decise
di procedere alla stesura del testo, che vide la luce per la prima volta nel
1984. Questa di Guerini è la versione definitiva del 1990, l’autrice morì poco
dopo.
A questo link, la recensione completa di "Leningrado. Memorie di un assedio", di Lidija Ginzburg (Edizioni Guerini) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 4 settembre.
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