(...) Il romanzo è ispirato a un episodio
della Shoah realmente accaduto, sul quale si è indagato a lungo. Una famiglia
con un neonato è deportata in un vagone piombato, il destino della creatura appare segnato. Approfittando
di un rallentamento del treno, il piccolo fagotto viene fatto passare da una
finestrella e lasciato cadere nella neve lungo la ferrovia. Meglio affidarlo al
caso, che a una morte certa. Una contadina intravista di passaggio forse lo raccoglierà,
forse avrà pietà di lui. Forse, potrà vivere. (...)
“Il treno sbuffa e avanza. Ma stavolta, passando, le risponde (...)
Dapprima è spuntata dalla stretta
finestrella un lembo di stoffa, brandito da una mano, una mano umana o divina,
che lo lascia di colpo, e la stoffa va a depositare il suo fardello nella neve
(...) La povera boscaiola si precipita sul fagottino poi avidamente,
febbrilmente, scioglie i nodi come se scartasse un regalo misterioso. A quel
punto appare, che meraviglia!, l’oggetto, quell’oggetto che desiderava da tanti
giorni, l’oggetto dei suoi sogni”. (...)
Quell’esserino deve vivere. Occorre nutrirlo, fargli
trangugiare qualcosa. Occorre procurarsi del latte, anche a costo di addentrarsi
nei luoghi più reconditi e pericolosi.
“In breve, ha raggiunto quella parte del bosco dove nessuno si
avventura senza tremare nè rimettere l’anima a Dio. Ai margini trova il buio
perenne che regna in quella parte del bosco. Spia all’interno. L’uomo è lì? La
sta vedendo? E la capra? La capra è ancora al mondo? Dà ancora latte?”.
A questo link, la recensione completa di "Una merce molto pregiata", di Jean-Claude Grumberg (Edizioni Guanda) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di mercoledì 12 giugno.
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