martedì 29 novembre 2016

Il nuovo Senato

Il superamento del “bicameralismo perfetto” è forse il punto più importante e qualificante della riforma costituzionale. La propaganda urlata e indignata del No può sbraitare quanto vuole, ma si tratta sicuramente di un fatto innovativo e positivo. Il fatto che la Camera e il Senato abbiano esattamente le stesse funzioni e gli stessi poteri, è un’anomalia tutta italiana che andava superata, prima o poi. Si tratta di un doppione inutile. Una sola Camera è sufficiente per il processo legislativo e democratico. Comunque l’assetto costituzionale italiano non cambia. Il nostro sistema resta parlamentare. Però si semplifica e si razionalizza.
630 deputati bastano (e avanzano) per votare la fiducia al governo, approvare le leggi, rappresentare gli interessi e gli ideali dei cittadini in un’assemblea elettiva nazionale. Questa Camera sarà eletta con un nuovo sistema elettorale: che esso sia maggioritario e con i collegi elettorali (come spero) o proporzionale con le preferenze (come prevedo e temo) non c’entra nulla con l’argomento di cui stiamo parlando. Anche nel nuovo assetto che dovesse scaturire dalla vittoria del Sì e dall’Italicum, modificato o no, il governo sarà sempre legittimato solo dalla fiducia del Parlamento. Chiaro…?
Quale sarà la composizione del nuovo Senato? I 74 senatori/consiglieri regionali saranno eletti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri” (una formula molto generica, imposta da Bersani). Per le modalità di elezione, la riforma rimanda alla legge ordinaria: in questo non c’è nulla di scandaloso, poiché da sempre le leggi elettorali NON sono inserite nella Costituzione. La legge elettorale del Senato, per evidenti ragioni, poteva essere fatta solo dopo, non prima del referendum confermativo.
In ogni caso, sarà sottoposta al giudizio preventivo di legittimità della Corte costituzionale.
Quali saranno le prerogative, cioè le competenze, del nuovo Senato?
Sicuramente sarà molto ridimensionato nelle funzioni. La riforma indica l’iniziativa di legge davanti alla Camera, e tutta una serie di altre funzioni - di raccordo con lo Stato e le sue articolazioni, con l’Unione europea, di valutazione delle leggi e delle pubbliche amministrazioni, di valutazione delle nomine, più vari pareri e attività conoscitive – tutte o quasi riconducibili a un unico, fondamentale criterio: si tratta di funzioni che chiamano in causa direttamente “l’interesse dei territori”, che sarà il compito istituzionale del nuovo Senato.
Infine, la riforma indica alcuni aspetti nei quali il Senato continua a concorrere effettivamente al processo legislativo. Essi riguardano le leggi che hanno un impatto nazionale (le leggi costituzionali, i referendum eccetera) le leggi che hanno uno specifico rilievo regionale e locale (per le ragioni che abbiamo visto) e le leggi che riguardano direttamente il Senato stesso (modalità di elezione, ineleggibilità, incompatibilità eccetera).
Insomma la materia è complessa. Però non si può bocciare la riforma con la scusa che “è un gran casino”, perché è un gran casino anche lasciare le cose come stanno. I dettagli tecnici, gli aspetti giuridici sono complicati, ma tutti possono capire il senso della riforma nei suoi aspetti di fondo.

(Domani, se riesco, scriverò della riforma riguardo ai rapporti fra poteri del governo ed enti periferici).

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