Qui di seguito, la mia recensione di "Pioggia di stelle", romanzo di Matila Ghyka (Blu Atlantide) pubblicata sul quotidiano Il Foglio di ieri.
“Hitler
è evidentemente il tipico visionario attivo; non solo è riuscito ad allucinare
sé stesso, ma anche una buona parte della Germania (…) Vi ricordate della
leggenda del suonatore di flauto di Hamelin, che stregò tutti i bambini della
cittadina e partì con loro? Un bel giorno i tedeschi seguiranno il flauto
magico di Hitler, e Dio sa cosa ne verrà fuori”.
Pubblicato
per la prima volta in Francia da Gallimard nel 1933, proprio nell’anno di ascesa
al potere del nazismo, Pioggia di stelle è un romanzo storico, ambientato
a Vienna nel periodo fra le due guerre, l’unico di Matila Ghyka (1881-1965). Diplomatico
romeno di nobili origini, coetaneo di Stefan Zweig e come quest’ultimo legato per
sempre a un “mondo di ieri” in dissoluzione, Ghyka fu una personalità di notevole
fascino e carisma, caratteristiche trasfuse nel romanzo attraverso il
personaggio di Napoleon di Maleen-Louis, protagonista di grande cordialità ed
empatia.
Dopo
il crollo dell’impero asburgico, il povero Napoleon se la passa assai male:
vive in miseria, ha venduto persino il cappotto, è oberato dai debiti. Triste e
malinconico, ripensa con nostalgia ai fasti del suo periodo londinese, ricco di
feste da ballo, ricevimenti principeschi, ristoranti di alta classe e circoli
esclusivi. Medita di ritirarsi in campagna, quando un incontro improvviso e
provvidenziale gli offre l’opportunità di rientrare nel corpo diplomatico.
Ghyka
descrive un mondo sofisticato e aristocratico, di quel particolare tipo di
nobiltà che si è dedicata anima e corpo alla diplomazia, con i suoi riti e
le sue regole scritte e non scritte – soprattutto queste ultime, in un ambiente
in cui l’etichetta esercita un incontestabile primato.
Ne
scaturisce un romanzo colto e raffinato, che è anche una storia d’amore a lieto
fine, con tanto di principesse e cavalieri. La trama romantica è costellata di lunghe digressioni, dotte citazioni, divagazioni artistiche e letterarie,
accurate descrizioni di castelli e paesaggi. Non manca la precisa ricostruzione
di vicende storiche e di grandi personaggi del passato, uno su tutti il celebre
duca di Wallenstein protagonista della Guerra dei Trent’anni.
Naturalmente,
sotto la superficie delle amabili conversazioni da fumoir, spiccano serissime considerazioni
politiche, alcune molto amare, altre sorprendentemente profetiche, sapientemente
distribuite nel testo da uno scrittore che fu grande testimone del suo tempo:
“E
poi, come dicevo prima, il principio delle nazionalità forse evolverà, si
trasformerà in qualcosa di molto elastico, forse Stati Uniti d’Europa, non
sappiamo…”.
Guido Ceronetti, che amava molto Ghyka, lo definì “uno dei grandi romeni contemporanei e il meno conosciuto”.