Fra le novità più interessanti introdotte dalla riforma
costituzionale, vi è quella dei “Disegni di legge governativi a data certa”,
che ha l’obiettivo di creare in Parlamento una sorta di “corsia preferenziale”
per le proposte di legge del governo. Sono esclusi da questa norma i trattati internazionali e le leggi elettorali. (Questo rafforzamento è parallelo alla fissazione
di criteri e limiti costituzionali assai più rigidi per il ricorso al decreto
legge, di cui ho parlato in un post precedente).
Anche in questo caso i sostenitori del No gridano allo scandalo, ma è
la solita messinscena degli indignati, il consueto gioco delle parti. Perché
mai una norma che ragionevolmente velocizza il percorso di alcuni provvedimenti,
che il Governo giudica essenziali, dovrebbe essere considerata una minaccia per
la democrazia e l’equilibrio dei poteri? Il compito di ogni Parlamento è di analizzare,
emendare e approvare, o eventualmente respingere, un progetto di legge. Non
certo quello di impedirne l’esame. E il compito di ogni governo è di governare,
con la dovuta efficienza.
Vediamo in dettaglio di che si tratta.
La riforma prevede che per alcune proposte di legge, giudicate
“essenziali per l’attuazione del programma di governo”, quest’ultimo possa
chiedere l’iscrizione con priorità all'ordine del giorno della Camera dei
deputati, che dovrà esaminarlo e votarlo entro
settanta giorni. Quando la richiesta del governo è depositata, la Camera ha
cinque giorni per valutare se
accettare questa richiesta o respingerla.
Se la Camera deciderà di accogliere la richiesta, essa è impegnata a esaminare e votare il provvedimento entro la “data certa” prevista.
In situazioni particolari, è previsto un ulteriore allungamento dei termini,
di altri quindici giorni, nel caso
in cui la complessità della materia o esigenze specifiche della Commissione
parlamentare competente, lo rendessero necessario. In totale 90 giorni, tre mesi di tempo, per arrivare al voto su un
disegno di legge che legittimamente il governo considera importante per la realizzazione
del suo programma riformatore.
E’ interessante notare che, rispetto alla proposta iniziale, è stata
abolita la norma che prevedeva il “voto bloccato” (come esiste nel Parlamento
francese) una sorta di ghigliottina che avrebbe permesso al Governo di chiudere
la discussione al termine dei 70 giorni e di fare votare il testo,
senza ulteriori modifiche. Questa norma avrebbe conferito più certezza al governo, ma
avrebbe limitato le possibilità per il Parlamento di esaminare la proposta.
E allora, per favore, ancora una volta: il “rischio per la
democrazia”… dove sarebbe?
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